Sindrome da colon irritabile (I.B.S.) e psicoterapia cognitivo-comportamentale

A cura della Dr.ssa Laura Vitagliano, Psicologa Psicoterapeuta
e del dr. Alessandro Romeo, specialista in sc. dell'alimentazione

La Sindrome del colon irritabile è una patologia relativamente recente, poiché i sintomi che la definiscono sono stati individuati per la prima volta da Da Costa nel 1871, raccolti sotto il nome di enterite membranosa. Si deve invece a Bockus (1929) l’attuale definizione che qualifica pazienti con disturbi persistenti all’alvo che non dipendono da alcuna patologia lesionale conosciuta.

La diagnosi viene infatti effettuata, in base a diversi criteri (Mearin et al., 2001), una volta escluse varie patologie organiche e accertata la compresenza di questa sintomatologia:

– alterazioni nelle abitudini evacuative (nei sottotipi di stipsi, diarrea o alvo alterno)

– dolore addominale

Possono inoltre essere presenti altri sintomi somatici quali dispepsia, flatulenza, mal di testa, letargia, frequenza ad urinare e mal di schiena (Nyhlin et al., 1993); i sintomi psichici più frequentemente rilevati sono ansia e depressione (Pancheri, 1987).

A livello epidemiologico questa sindrome è comunemente riscontrata nei paesi occidentali, con percentuali nella popolazione generale che variano dal 10 al 20% (Lanng et al., 2003; Ringel et al., 2001), ma di questi solo il 5% si rivolge al medico per i sintomi (Muller-Lissner et al., 2001). E’ stata riscontrata (Pancheri, 1987; Parodi, 1984) inoltre, una notevole incidenza di questa malattia, all’interno della popolazione clinica, nel sesso femminile, secondo un rapporto di 2:1 rispetto agli uomini.

Poiché si tratta di una cosiddetta “malattia funzionale” diagnosticabile solo per esclusione, risulta difficile elencarne fattori eziologici precisi, quindi ogni volta occorre prendere in considerazione un ampio ventaglio di ipotesi.

Come dimostrato da vari autori (Drossman et al., 1995; Ford et al., 1987; Lydiard et al., 1993; Masand et al., 1995) vi è una notevole incidenza di disturbi psichiatrici nei pazienti con IBS che varia dal 50 al 90%, però è discusso se questa correlazione sia legata alla patologia in sé oppure sia dovuta allo stato di “paziente” (Lydiard, 1997).

Per quanto riguarda invece l’influenza dello stress, numerosi studi (Drossman et al., 1988; 1994a) si sono dedicati a questa ipotesi, indagando l’impatto degli eventi stressanti (acuti o cronici) sulla sintomatologia del colon: infatti, la maggior parte dei soggetti lega l’inizio dei sintomi con qualche evento stressante e, nel caso di sintomi intermittenti, il loro apparire è comunque legato a particolari situazioni con vissuti di stress (Corney e Stanton, 1990).






Trattamento medico
e psicoterapia cognitivo-comportamentale


Il trattamento medico sommato al trattamento psicoterapico ottiene netti miglioramenti:

  1. riduzione dell’intensità e della frequenza dei sintomi sia psicologici sia fisiologici
  2. riduzione dei dolori addominali
  3. riduzione del numero di volte in cui il pz deve correre in bagno
  4. miglioramento della qualità della vita
  5. miglioramento dello stato d’ansia e di depressione
  6. miglioramento della gestione dello stress

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si basa su più livelli:

  1. indagare lo stile alimentare del paziente
  2. informazione sul ciclo riposo-sonno
  3. tecniche di rilassamento
  4. strategie di gestione dello stress e dell’ansia (MBSR)
  5. assertive-training
  6. ristrutturazione cognitiva

E a tavola?


La Sindrome dell'Intestino Irritabile o Inflammatory Bowel Disease (IBS) è un disordine funzionale gastrointestinale caratterizzato da dolore addominale e da un'alterata attività intestinale in assenza di una specifica e univoca patologia organica. Nella maggior parte dei soggetti con Sindrome dell'Intestino Irritabile le contrazioni dei muscoli dell'intestino sono più lunghe e più energiche del normale. Il contenuto gastrico è, pertanto, spinto più rapidamente verso l'intestino e causa dolore, presenza di gas, rigonfiamento e, non ultima, diarrea. In altri soggetti accade invece esattamente l'opposto, con conseguente ritardo nel passaggio degli alimenti e la comparsa di feci dure e disidratate. L'utilizzo della calprotectina quale marker non invasivo per rilevare o meno la presenza di un'infiammazione a carico della muscosa intestinale è di grande utilità per poter effettuare una diagnosi differenziale tra malattia organica e funzionale. Gli effetti della dieta e dell’alimentazione sull’IBS variano da persona a persona. Va sottolineato che nessun alimento provoca l’IBS, ma alcuni cibi possono peggiorare i sintomi in persone particolari e predisposte. Se ci si trova nella fase ACUTA della patologia, è importante procedere con una sensibile riduzione o eliminazione di alcuni alimenti, come ad esempio le fibre insolubili, che se è vero che hanno una azione benefica sull'intestino, in fase di infiammazione acuta al colon, possono peggiorare la situazione. Anche gli zuccheri, i carboidrati in generale o gli zuccheri semplici come il fruttosio o i dolcificanti come il sorbitolo, possono aumentare la sintomatologia, anche perchè la mucosa intestinale danneggiata, ha un corredo engimatico insufficiente a digerirli correttamente, favorendone la fermentazione. C'è poi una sensibilità soggettiva ad alcuni alimenti , che va indagata dallo specialista in scienze dell'alimentazione, insieme al paziente. in alcuni casi si può optare in una dieta a basso contenuto di FODMAP.

La dieta a basso contenuto di FODMAP (oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi, monosaccaridi e polioli) limita i carboidrati alimentari a catena corta, scarsamente assorbiti nell’intestino tenue e fermentati nel grande intestino. I FODMAP si trovano nel grano, in alcuni tipi di frutta e verdura, fagioli e legumi, dolcificanti artificiali e alcuni alimenti preconfezionati. La fermentazione non è caratteristica dei pazienti con IBS, ma peggiora i sintomi in quelli con ipersensibilità viscerale.(Mullin et al., 2014)

Una recente ricerca in pazienti con IBS, ha descritto sensibili miglioramenti con una dieta gluten-free della durata di sei settimane, migliorando la severita dei sintomi quali: ansia depressione, fatica, e qualità della vita(Aziz et al., 2016).

Un importante aspetto, inoltre, è lagato al microbiota intestinale. Il cibo non digerito viene utilizzato dai microbi intestinali (microbiota gastrointestinale) e il microbiota svolge un ruolo importante nei processi gastrointestinali e sulla salute in generale (Barbara et al., 2016). Pertanto, numerosi studi hanno evidenziato l'utilità dei probiotici nell'IBS, modificare il microbiota intestinale e migliorare la sintomatologia. Ad esempio, una meta-analisi ha trovato un effetto positivo dei probiotici nel trattamento del dolore IBS, della distensione addominale e della flatulenza, ma ha osservato che erano necessarie ulteriori ricerche su variabili come la dose probiotica, le specie e la durata (Ortiz-Lucas et al., 2013). Altri studi hanno riportato risultati simili, concludendo che i probiotici sono efficaci nel trattamento dell'IBS in termini di sintomi globali, flatulenza, dolore addominale e gonfiore, sebbene non sia stato possibile trarre conclusioni sui singoli ceppi o specie. (Ford et al., 2014).

Ulteriori tipi di interventi non farmacologici sono stati studiati in pazienti con IBS. Ad esempio, Johannesson et al. (2011) in uno studio randomizzato di controllo su 102 pazienti, hanno riscontrato un intervento di 12 settimane di attività fisica moderatamente aumentata per ridurre la gravità dei sintomi dell'IBS e migliorare alcuni aspetti della qualità della vita. Lo yoga è un altro intervento mente-corpo che è stato studiato nella popolazione di pazienti con IBS. Una recente revisione sistematica, che esamina sei studi randomizzati controllati, riporta i benefici dello yoga sui sintomi gastrointestinali, l'ansia e la qualità della vita nei pazienti con IBS (Schumann et al., 2016).

Da quanto detto, risulta ovvio che la potologia può essere trrattata a vari livelli, psicologico nutrizionale e farmacologico. L'alimentazione assume un ruolo rilevante, come anche l'attivita fisica, affidarsi ad uno specialista è importante per disegnare un percorso soggettivo e multidiciplinare che necessita di una tempistica medio lunga per raggiungere risultati soddisfacenti.

Fonti
Irritable Bowel Syndrome: A review, Am J Nurs. 2017 Jun; 117(6): 48–55. Kristen Ronn Weaver, MS, Gail D’Eramo Melkus, EdD, and Wendy A Henderson, PhD, MSN, FAAN