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La prevenzione parte dalla tavola:
Il pepe nero, un alleato per il nostro benessere.

Gli effetti sullo stomaco...

Il pepe nero viene ottenuto dalle bacche acerbe del Piper nigrum, a differenza del pepe bianco che viene estratto dalle bacche mature. E’ la spezia più diffusa al mondo e benché venga utilizzata prevalentemente in campo alimentare per rendere più piccanti i cibi, trova largo impiego nella preparazione di farmaci e di cosmetici, come conservante e come insetticida. Analogamente alle altre spezie, il pepe aumenta la secrezione dell’amilasi salivare, della lipasi pancreatica, dell’amilasi, della tripsina, della chimotripsina e della lipasi intestinale. Le proprietà digestive del pepe sono correlate alla riduzione del tempo di transito del cibo a livello del tratto gastrointestinale, grazie all’effetto sia sugli enzimi digestivi che sulla secrezione biliare. L’oleoresina che si estrae dal pepe contiene l’olio essenziale che gli conferisce l’aroma, e soprattutto la piperina, un alcaloide irritante che non ha né odore né sapore, ma che modifica significativamente l’intensità del gusto e quindi la percezione dei sapori, ed in particolare dell’amarezza e dell’acidità.



Come le altre spezie piccanti il pepe, alle dosi comunemente utilizzate, non danneggia la Mucosa gastrica; al contrario in letteratura è stata descritta un’azione protettiva della piperina nei confronti dell’ulcera gastrica indotta sperimentalmente nel ratto e nel topo.

... e sull'intestino.

Secondo i risultati di studi sperimentali, la piperina interagirebbe con i lipidi di membrana delle cellule intestinali, modificandone la struttura, aumentando la lunghezza dei microvilli, e quindi della superficie assorbente, e la permeabilità. Infine, in un recente studio condotto sui topi, la piperina somministrata a basse dosi mostra un effetto lassativo, mentre ad alte dosi mostra attività anti secretoria e antidiarroica. Queste osservazioni giustificano il tradizionale utilizzo del pepe nero nella preparazione di miscele di erbe impiegate nel trattamento dei disturbi della motilità intestinale. Studi in altri modelli animali hanno dimostrato che la piperina aumenta la biodisponibilità di diversi nutrienti e di alcuni farmaci, dei quali inibisce il metabolismo in modo non specifico, ed influenza la spesa energetica o termogenesi, soprattutto agendo sul sistema nervoso simpatico, la cui attività è inversamente correlata al grasso corporeo Ricerche in vitro hanno dimostrato per la piperina un’attività protettiva contro il danno ossidativo, che è stata solo parzialmente confermata dagli studi in vivo: a basse concentrazioni essa si comporterebbe quindi come trasportatore (e quindi, funzionalmente, da “neutralizzatore”) di radicali liberi, mentre a concentrazioni elevate funzionerebbe da generatore dei radicali stessi. Nel ratto l’aumento delle difese antiossidanti in seguito a somministrazione di piperina si riflette sulla riduzione dell’ossidazione delle lipoproteine LDL, sulla protezione dal danno ossidativo associato al Diabete mellito, sull’effetto chemiopreventivo e sul controllo dell’ossidazione indotta da una dieta ad elevato contenuto di grassi.

Documentata a livello sperimentale è anche l’attività antinfiammatoria della piperina, che in un modello di macrofagi peritoneali in vitro sarebbe in grado di inibire la risposta infiammatoria indotta dal lipopolisaccaride. Inoltre in un modello sperimentale di artrite in vivo, la piperina si è dimostrata in grado di inibire l’Infiammazione indotta da urato monosodico. Recentemente è stata infine evidenziata un’attività neuro protettive della piperina, che, in un modello sperimentale che riproduce la patologia di Alzheimer nel ratto, ha avuto effetti positivi sulle “performances” di memoria e ha ridotto significativamente la neurodegenerazione a livello dell’ippocampo, probabilmente in associazione ad un riduzione dell’attività dell’Enzima acetilcolinesterasi.

Bibliografia:

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